Decalogo di maggio

1- Fare di finta di niente non si può: è maggio, la rabbia diventa demodé e non si intona con i colori della stagione, meglio puntare sull’armocromia di cui si parla tanto ultimamente e indossare emozioni più gioviali.

2- Alzare di tanto in tanto lo sguardo dal cellulare e ammirare il rosso dei papaveri che spezza il verde intenso dei prati. Se si vive in città cercare immagini su google.

3- Camminare dalla parte della strada battuta dal sole finché si può e cominciare a produrre vitamina D, magari poi il PIL ringrazia.

4- Alleggerire i cibi e i pensieri, soprattutto se si pensa spesso al cibo, così da togliersi di dosso un po’ di zavorre. Se le zavorre sono di altra natura occorre sapere che maggio è propizio non solo per il cambio armadio.

5- Regalare sorrisi a qualche sconosciuto che si incontra lungo la via. E’ maggio per tutti, ma in tanti non lo sanno.

6- Passeggiare o pedalare immersi nella natura almeno una volta a settimana, possibilmente in silenzio, e accorgersi che non è il mondo ad essere malato, ma che siamo noi a non stare tanto bene.

7- Cominciare a fare respirare i piedi che tanto hanno sofferto costretti in calze e scarpe per mesi, ma per ora solo dentro casa, sandali e infradito per la strada sono concessi solo agli stranieri.

8- Stimarsi per aver superato indenni anche quest’anno il cambio di stagione assaporando l’energia vitale ritrovata, anche se nella maggior parte dei casi non si sapeva di averla persa e soprattutto adesso che la si è ritrovata non si sa che farsene. Della serie: era meglio quando si stava peggio.

9- Iscriversi in palestra è sempre una buona idea, soprattutto adesso che ci si sente più energici. Però se si salta il punto 4 si alleggerisce solo il portafogli e va a finire che poi ci si sente in colpa, ci si arrabbia e tutta la fatica fatta per armocromizzarsi va a quel paese e si deve ricominciare tutto dal punto 1.

10- Un’idea migliore per impiegare l’energia vitale ritrovata, in qualche caso anche a costo zero, è fare più sesso. Questo vale per chi può, ovviamente. Per tutti gli altri ritornare al punto 5. A forza di regalare sorrisi qualcosa succede.

Radici, confini e nuove geografie.

Viaggiare è anche riaccendere i desideri di viaggio. Finché rimani a casa tua non puoi sapere cosa ti perdi. Magari sai benissimo di cosa ne hai fin troppo, ma è anche vero che è quasi sempre meglio di niente. E ad andare corri il rischio di accorgerti degli auto-inganni.

Ma a parte questo, se c’è una cosa che accende i desideri è la vista. E quando sei fuori dai tuoi confini abituali gli occhi sono molto attivi, lo sguardo cerca senza sosta di catturare più immagini possibili dell’ambiente circostante. Tutto si mostra come ad uno sguardo vergine, uno sguardo in cerca del nuovo e del bello e di una nuova idea del bello, che altri, in quel luogo particolare che non è il tuo, che non è quello a cui sei abituato, hanno saputo inventare.

E così ti rendi conto che il tuo mondo è solo un piccolo mondo, una piccolissima parte del tutto. E che la cultura si forma nel rispondere alle sfide che ti pone l’ambiente in cui vivi e che le risposte a sfide uguali possono essere anche molto diverse fra loro, perché l’uomo ha parecchia fantasia. E così puoi desiderare cose a cui non avevi ancora pensato mentre nuove geografie si manifestano davanti a te.

Se hai vere radici e ti senti in armonia con il tuo ambiente allora puoi apprezzare anche gli altri mondi, perché sai che lì ci saranno persone con diverse abitudini ma con un ugual sentire verso la propria terra. E potrai rispettarlo. E non avrai paura che qualcun altro possa invadere i tuoi confini e ti faccia perdere la tua identità. E sarai aperto all’incontro e allo scambio. Sbandierare radici come riempimento di un vuoto identitario porta spesso ad un senso di superiorità verso l’altro. Negare le proprie radici o banalizzarle porta spesso ad omologarsi nell’anonimato delle catene dei negozi ovunque uguali e senza anima.

E allora evviva i viaggi con gli occhi spalancati e il cuore disponibile ad accogliere la varietà della vita in tutte le sue espressioni e in tutte le sue motivazioni. Evviva i viaggi che ti fanno venire la voglia di andarci ancora, di tanto in tanto, lontano da casa. Per attivare nuove sinapsi e nuovi legami sentimentali, nuove domande e nuove versioni di te stesso che potresti meravigliarti di scoprire. E se ci pensi bene sarebbe bello andare incontro all’altro con la curiosità e l’entusiasmo del viaggio, alla scoperta della sua geografia, della sua storia, del suo sapore, del suo odore, dei suoi colori e dei suoi suoni. Non ti deve piacere necessariamente o totalmente, ma puoi apprezzarne le sue ragioni e le sue visioni.

E quindi un viaggio tira l’altro e a volte viaggi senza andare lontano perché vedi le cose con occhi nuovi e altre volte il viaggio è un desiderio che prende forma e che ti spinge al confine per vedere se c’è qualcosa di buono per te che si fa mentre diventi viaggiatore.

Buon viaggio.

Kundalini, il risveglio.

Ho trovato il mio posto, il trono, il mio regno. Pensavo fosse un a casa in riva al mare, pensavo fosse un uomo da sposare. Credevo servisse una collana d’oro o che d’oro fosse almeno la carta nel borsellino. Ma diciamo che certe cose vengono di conseguenza, non sono una partenza.

Ho trovato il mio posto, il mio trono, il mio regno quando ho smesso di cercare di essere migliore, quando ho smesso di sforzarmi di mettermi da parte.

Il segreto è l’alleanza con tutte le mie parti, venire a patti con tutte le mie abitanti, quelle baldanzose e quelle titubanti.

Il segreto è soddisfare tutti gli appetiti con i giusti piatti e non confondere il desiderio di uno stato divino con il morso di un panino, con un bicchiere di vino.

Nutrita e benedetta per diritto di nascita, niente mi manca e niente mi impedisce di accendere la vita, di usare solo parole belle, di camminare sorridendo, di offrire il meglio di me al meglio degli altri, anche se loro non lo sanno.

Però, per non sembrare troppo brava e perfettina, vorrei anche ricordare che in primavere si risveglia la kundalina e che appunto una mia parte, quella più birichina, mi ha detto, ascoltando I’m your man ieri mattina, che con uno con la voce di Leonard Cohen ci farebbe volentieri una scopatina.

Allora per stare comoda nei miei panni, salda nei miei intenti, dentro la mia giurisdizione, radicata nella terra con lo sguardo verso il cielo, attenta a non spostare lo sguardo dal mio focus, posizionata nel mio centro, nell’azione senza azione, grata e riverente, aperta ma con garbo, insomma, per tutto questo e molto di più, ho pensato che tutto sommato ci sta anche questa idea che, di primo acchito, potrebbe sembrare non c’entrare con l’aura un po’ speciale che mi voglio disegnare.

Blog Spot

Evviva la promo!!!!

Per donne inquiete, per uomini coraggiosi… Per tutti noi esseri meravigliosi, unici e poderosi.

Parlare di Natale (ovvero il pippone che non può mancare)

È arrivato dicembre con il suo carico di freddo e con la sua promessa di luce e di cose buone.

È arrivato dicembre, la speranza di neve nei giorni di festa, gli alberi spogli, gli alberi da vestire, le case da scaldare.

A dicembre si dovrebbe stare in casa con la coperta calda a portata di mano e qualcosa di fumante da bere. Si dovrebbe stare per lo più in silenzio a guardarsi dentro per fare spazio ed accarezzarsi il cuore.

E uscire solo muniti di sorrisi e di parole buone. Parole come canti, leggere come soffi, nate dal silenzio, pronunciate con misura, quasi sottovoce.

Chi non c’è mi manca ancor di più e a tavola si tiene il posto per i propri fantasmi. Io ho le zie dal cuore grande, il nonno che mi raccontava la storia di Babbo Natale in elicottero, che la slitta era cosa d’altri tempi. Il papà che riempiva le calze appese al camino di frutta secca e mandarini, la mamma che con amore dava il meglio di sé in cucina, era quello il suo regalo più grande.

Dicembre è una danza di fantasmi e di ricordi, di storie belle da raccontare, di malinconie da gestire.

È il momento propizio per onorare la propria discendenza e riconoscere la fonte di amore che ci ha partorito, e che si è degni di oro, incenso e mirra e che c’è sempre una stella che brilla dove siamo noi.

Banalità? È facile essere scontati a dicembre, parlare per frasi fatte, abusare di belle parole, elargire auguri senza emozione. E’ facile restare sulla superficie e ripetere in automatico gesti e situazioni. E sprecare una delle poche occasioni che ci sono rimaste per contattare la profondità della terra che riposa nel freddo, del buio che ci avvolge in attesa di essere nuovamente illuminato, per meravigliarsi della forza del seme, dell’abbondanza dei doni.

Perché tutta la cosiddetta realtà a ben guardarla è simbolo e dicembre ci invita con forza ad entrare nei simboli che porta con sé. Non è faccenda religiosa, è faccenda spirituale. La festa di dicembre è la festa dello Spirito che informa la Materia di Amore. Qualcuno parla di magia, qualcun altro di termodinamica, in molti non ne parlano neanche più.

A me piace ancora parlare di Natale.

Dopo

Dopo tutti gli anni, le stagioni, i primi capelli bianchi

Dopo i traumi, le ferite, i passaggi, le trasformazioni

Dopo i tentativi, le crisi, i dubbi, i pantani, le difficoltà

Dopo la precarietà, la rabbia, le risate, le cose belle e le cose brutte

Dopo molte persone, i maestri, gli incontri, gli addii,

Dopo situazioni scomode, qualche entusiasmo, molte illusioni e molte disillusioni

Dopo aspettative, successi, insuccessi, conflitti

Dopo tutto

Si comincia a vivere

Nell’amore

Nella fiducia

Nel potere

Nella bellezza

Nella completezza

Nella gratitudine

Dando ordini agli dèi.

Come dentro così fuori

Ultima domenica di agosto. È cambiata già la luce e anche l’aria è diversa.

I vestitini leggeri e sfrontati hanno i giorni contati.

Nell’armadio fanno a gara a chi si fa più notare per essere sfoggiato una volta di più.

Là dentro oramai è tutto un mormorio, un vociare sommesso prima della protesta. Che fine farò se mi mette nel sacco?

C’è il tipo fuori moda che svolazzava con me in quel bel giorno di festa, lo terrò per ricordo?

E i due o tre capi un po’ stretti? Se questo no, il prossimo anno ci entrerò di sicuro.

Oh, senti questo, ancora aspetta di ballare, di ridere e di baciare, non lo posso buttare!

E questo qui un po’ consunto? Potesse parlare chiederebbe il pensionamento e io non so perché, ma non c’è proprio verso di lasciarlo andare.

Toh, e qui c’è quello appena arrivato, un saldo, acquistato con poco e poco desiderio: farà una fine prematura o mi farà infine pietà?

E voi ereditati, con un buon profumo che ancora non è il mio, non so, ma non sembrati tutti allineati. C’è chi scalpita per vivere ancora nuove emozioni, c’è chi sembra proprio non volere una nuova padrona.

E fra risatine e sbadigli, dall’altra parte, ai piani più alti, si prepara il risveglio e c’è chi tifa impaziente per un repentino cambio di clima. Certi di essere stati risparmiati dalla falce di maggio, non sanno che forse, per alcuni di loro, ci sarà un ripescaggio.

Per farmi dormire sonni tranquilli, il mio armadio contiene tutto questo subbuglio e fermento, contiene il volume di lamenti e speranze. Lui che segna il confine tra il dentro e il fuori, custode di mille rappresentazioni, di scelte felici e infelici, lui non si muove.

E mi rassicura che può avere un rimedio per ogni sventura o quanto meno l’esatta forma esteriore del mio sentimento. E mi suggerisce che adesso ha bisogno di spazio per nuovi costumi di scene a venire.

Se ascoltarlo ancora non so, tergiverso, prendo tempo…sia mai che la protesta monti in anticipo e la resistenza abbia il tempo di organizzarsi e quindi questa volta ci provo: al gioco del dentro e fuori, questa volta, coglierò di sorpresa sia il vecchio che il nuovo!

Senza nostalgia

Imperatrice
Lo sguardo del tipo che mi squadra
Tubino nero
Tacco
Tavolo che guarda al tramonto
Tagliolini alle vongole
Contatto il mio piacere
Voglia di dolce
La crème brûlée
E la mezza bottiglia di vino provenzale
Costata troppo cara
Ma madame, non ha visto la lista?
Sorrido
La coppia di anziani col cane alla mia sinistra sodalizza.
Metto in conto la luna rossa e il mare, che posso quasi toccare
Ultima sera 
Senza nostalgia
Mordo la vita

Attitudini che evolvono

Accettare che le cose possano essere semplici.

Scegliere la via con minor resistenza.

Applicarsi con dedizione, ma senza sforzo.

Usare solo i muscoli che servono per quel preciso movimento.

Essere pronti al momento giusto, per il resto farsi trovare impreparati.

Fermare l’impulso a dire necessariamente qualcosa.

Fare di meno, lasciar fare di più e uscirne comunque vivi.

Se ancora non si riesce ad ammettere di non sapere, almeno fare finta.

Saper dire basta oltre a un tot di devo, saper dire ancora a tutti i mi piace.

Sciogliere voti, promesse, lacci e lacciuoli anche se hanno il fiocco.

Prendersi del tempo per le cose inutili e belle.

Declassare ciò che resiste da decenni in cima all’hit parade.

Sbufalare tutto ciò in cui si crede per abitudine.

Ascoltare con distaccata ironia ciò che ci si racconta.

Permettersi, finalmente, di ricevere tutti quei “sì” che aspettano in coda di raggiungerci.

Corpi Animati

Metti una musica che ti piace e balli con un altro e con un’altra e accadono cose inaspettate. E’ l’esperienza corporea del Tangoolistico. L’importanza del primo avvicinamento, del primo tocco, del primo abbraccio. Avvicinarti con rispetto e dolcezza all’altro. sentire fin dove può aprire e accogliere. Donare attenzione, trattare l’altro come nessuno lo tratta mai o lo tratta più. Evocare la nostalgia del primo accudimento e suscitare il desiderio di abbandono. Rivitalizzare il corpo prima di tutto attraverso i sensi, pelle a pelle, cuore a cuore, respiro a respiro. Scoprire il corpo che resiste al vibrare, al fremere, al bramare. Quante poche possibilità dai al piacere. Poi emozionarti, commuoverti, magari piangere perché scopri quanto ne hai bisogno, di sostare, quanto ti sforzi invece di tenere duro, di trattenere, di controllare, temendo forse di perderti e di non sopravvivere all’esperienza.

Metti una sera in compagnia di qualcuno che ti piace davvero, che ti fa sentire a casa. Che bisogno hai di stare in guardia? Che bisogno hai di tenere un certo atteggiamento? In fondo è semplice. Scoprirsi senza fretta, concedersi dolcemente, dare con generosità e ricevere con gioia. Nutrirsi del contatto. Sentire di stare bene, dimenticare la prestazione. Entrare in un ambiente sacro dove niente viene preteso. I corpi rattrappiti e rinchiusi negli ambiti della decenza, della distanza, della buona educazione e delle convenzioni socialmente accettate si fanno involucri infuocati e così tanto vivi che è meglio che non si mostrino al mondo per non turbarne la quiete. Solo dove c’è Eros però, la pornografia è altra cosa e infatti impera. Ma tu vuoi comunicare la tua verità, o almeno provarci.

Metti un mattino appena sveglio, sul tappetino bello dello Yoga. L’esperienza della sosta, della presenza, del rispetto di sé perché tu fai sempre e solo ciò che puoi, senza procurarti fastidio. L’esperienza della ricerca dell’equilibrio nel disequilibrio, del saper restare anche in una posizione scomoda. Fare tutto il possibile per raggiungere una figura e poi mollare tutto ciò che non serve allo scopo. Scoprire quante forme può assumere il tuo corpo, sentire le aperture, le torsioni, gli slanci, gli inchini. Sentire formicolii come riattivazione e scorrimento di energia, sentire che sei vivo perché respiri e il cuore ti batte nel petto. E senti che lavori anche a livello simbolico e spirituale e che stai dando cibo anche all’anima. E ringrazi tutte le tue cellule e la perfezione del momento.

Tutto ciò che concorre a partire dal corpo a rivitalizzarti e a ricordarti di esserci e di essere vibrazione pura dovrebbe essere ricercato e benvenuto. Ma non è così scontato perché il più delle volte non sai che fartene di tanta vitalità, una volta scoperta, ed è meglio che rimani mezzo depresso, un po’ sottotono e magari anche un po’ triste, che non sbagli mai. Con tutto quello che succede nel mondo, sia mai che ti prendano per matto ad esprimere un po’ di gioia a sproposito.

E se non hai mai iniziato, stai dove sei, perché se poi dovessi scoprire di poter essere diversamente vivo difficilmente potresti tornare indietro e stati di malessere da confort zone sarebbero frequenti e terribilmente disturbanti.

Corpi inanimati avvisati, mezzi salvati…

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